lunedì 31 dicembre 2012

Rimesto le lenticchie.
Sorveglio il cotechino e lo zampone che stanno sobbollendo in due pentole diverse.
Nel frigorifero è già pronto un panettone gastronomico che ho farcito di mare.
E all'improvviso mi blocco e mi si stringe il cuore.
Mi assale la mente il viso di quella barbona, mesi fa, Milano zona Duomo. Un mucchio di stracci. Uno spicchio di pelle come legno o cuoio vecchio. Un polso secco e annerito come un ramo dopo un incendio. Un mondo. Tutto sotto quegli stracci. Mi ci trovo dentro. A guardare lì fuori. O a non guardare, tanto lo so cosa c'è: pesci in un acquario. Certi del pasto. Certi dell'acqua.
Mi trovo a pensare un dolore troppo grande per essere raccontato. Figli perduti. E con loro le radici. Il passato e il futuro.
Rimesto le lenticchie.
Fra qualche ora brinderò a un nuovo anno.
Ma a QUALE anno?
A un altro anno di bombe davanti ai panifici?
Di patrie negate?
Di occhi e pance larghi di fame?
Nel nuovo anno una signora, ex moglie di ex, potrà contare su 3 milioni al mese. Quante pance riempirebbe tutto quel denaro?
E quante ne riempirebbero le mie lenticchie?
L'enormità dell'ingiustizia che divide il mondo come un tragico spartiacque, mi toglie il respiro.
Brinderò.
Pensando ad Alessandro.
Che avrà due anni nel 2013.
Brinderò. E pregherò che lui, e Azzurra, e tutti i bimbi appena nati o ancora da nascere siano migliori di noi.
Qualcuno, migliore di noi, dovrà pur riuscire a rinnovare questo mondo  che marcisce nelle diversità...

domenica 16 dicembre 2012

Ma tu guarda! Una farfalla!

Ma tu guarda! Una farfalla!
E' marrone, rossa e gialla.
Io leggevo, qui in soggiorno
quando lei mi vola intorno
poi si posa sul giornale
e leggera batte l'ale
con un movimento lieve
silenzioso come neve.
Sembra un palpito, un sospiro.
Io gli accordo il mio respiro.
Temo quasi che il mio cuore
possa far troppo rumore.
Anche il tempo si è fermato:
par sospeso, senza fiato;
tanta grazia lo ha affatato,
nella stanza imprigionato.
Poi una lamina di sole
la cattura sopra al foglio.
Sembra dire che la vuole
irretire in un barbaglio.
E' un pulviscolo di luce
che alle fate ti conduce.
E' la strada delle stelle,
già tracciata alle farfalle.
E in un attimo è sparita,
come brezza tra le dita.

Io non so com'era entrata,
non ho visto com'è uscita.
So però che c'è qualcosa
che di lei rimane in casa:
è quel senso di magia
che travolge e porta via,
la bellezza che si compie
e la vita ti riempie.
E' la traccia del sorriso
ch'è rimasta sul mio viso.

sabato 15 dicembre 2012

Filastrocca matta

Voglio farmi un cappello di cipolle.
Voglio le rosse le bianche e le bionde.
Lo voglio fare intessuto di fiori,
che abbia almeno duecento colori.
Copio un modello del secolo scorso,
ci metto un disegno fuori concorso,
una veletta con due coccinelle
che m'alzino gli occhi verso le stelle.
Voglio un cappello che sia un carnevale
da poter mettere in giorno feriale
per poter ridere e far l'occhiolino
perfino a te che non sei più un bambino.

venerdì 7 dicembre 2012

Il giaguaro innamorato/ Esercizio di dizione per g

Te lo giuro. Al tuo giaguaro
non ho tolto io il guinzaglio.
E non farmi quello sguardo,
quel cipiglio d'ammiraglio.
Ieri sera con i guanti
proprio come fosse un figlio
l'ho lasciato al suo giaciglio
quieto quieto sul guanciale
con la lingua in mezzo ai denti
senza ira, senza voglia.
Poi l'ho chiuso nel serraglio,
ho dormito sulla soglia
manco fosse un generale:
Tutta notte a far la guardia,
fermo e zitto, zitto in veglia
non ho mosso mai una foglia.
Or si scopre che al mattino
più non c'era il tuo felino
e mi vieni a contestare
che l'avrei lasciato andare,
che non l'ho legato ammodo,
che gli ho dato solo brodo
e per fame s'è involato...
ecco, giusto con le ali
lui può avere disertato
superando i confinari.
Oh perbacco! Che intuizione!
Certo è qua la soluzione.
Ti ricordi la coguara
che incontrammo a Lendinara?
Fa' uno sforzo di memoria
ed avrai tutta la storia.
Di sicuro quella micia
gli ha già tolto la camicia
ed al tuo caro animale
tutto il cuore ha messo l'ale:
per raggiungere l'amata
ieri ha preso la volata.
Ora sai cosa ti dico,
ragionandone da amico?
Tu prepara nuove paglie
e raduna vettovaglie:
presto il nostro innamorato
tornerà su questo prato
e vedrai che parapiglia,
sarà tutta una squadriglia!
Ci vorrà del buon liquore
per brindare a quell'amore,
tutta intera una bottiglia
che festeggi la famiglia.

mercoledì 5 dicembre 2012

Filastrocca del cero (esercizio di dizione per ci/ce)

C'era una volta un cero
che incontrò un cerino.
Saccente, il piccolino,
si mise a criticare:
"Non hai una bella cera.
Ti serve del cerone
o forse una ceretta...
almeno un po' di cipria
per lucidarti il naso".
Il cero cincischiava.
Pensava al suo cerume
e a tutto quel ciarpame.
Non era un civettone,
le cose civettuole
non erano il suo pane.
Eppure traccheggiava:
celiava, quel citrullo
d'un piccolo cerino?
O invece gli diceva
certezze a cento e mille?
Cianciando lo circuiva
oppur lo incoraggiava?
Infine sconcertato
ma pure incapricciato
decise per l'incerto:
avrebbe ben rischiato
per diventar più bello.
Così Messer Cerino,
campione di cervello,
distesa una cerata,
saltò in cima a Sòr Cero,
gli accese le speranze
con una gran fiammata.
Ci fu un cerchio di luce.
Il cero s'incendiò.
La cera eccome c'era!
Colando dal faccione
scendeva sulla pancia.
Ce n'era tale e tanta
che un cesto se ne fece.
Perfino il ciel taceva
insieme con le cince.
I sorci stupefatti
cercavano cerotti.
Ma ormai a ceci e noci
a catinelle e fiotti
la cera si perdeva.
Del sogno di Sòr Cero,
ucciso da un cerino,
restò solo la cenere,
come la pece, nera.