martedì 18 giugno 2013

Bussate e vi sarà aperto

Quand'ero bambina, ovunque si andasse, a qualunque ora del giorno, se c'era una chiesa la si trovava aperta. In ogni momento si poteva entrare "a fare una visitina al Signore".
Ricordo ancora certi pomeriggi estivi, quando il caldo arroventava il respiro. Si varcava la soglia ed era come entrare in un altro mondo. Penombra. Silenzio. Frescura. Un vago sentore dolce, in cui si mescolavano profumi di fiori e d'incenso e della cera che si scioglieva davanti agli altari. Il tubare dei colombi, sul sagrato, sembrava così lontano e ovattato da rendere ancora più percettibile e definito l'ingresso nella dimensione dello spirito.
Forse proprio in quelle stringhe di silenzio all'interno del quotidiano rumore, ho imparato bisbigliando, piccolissima, a parlare con Dio.
La Sua porta davvero era sempre aperta.
Crescevo e in quei sacri spazi di silenzio ascoltavo l'anima, placavo ogni ansia, centuplicavo le gioie.
Durante tutta la mia vita ho continuato a desiderare di riprendere fiato dal mondo così, in una chiesa deserta. Sempre più spesso però mi è capitato -mi capita- di trovare la porta chiusa.
Ed ogni volta che mi succede è una piccola fitta di delusione. Mi sento non accolta, dunque in qualche misura punita. Triste. Sempre. Come se mi si stesse negando il riposo del cuore.
Lo so. Non è il riparo di un tempio (non solo) che permette all'anima di mostrarsi, così fragile, spesso impaurita o dubbiosa.
Lo so. La strada che conduce a Dio non passa (non solo) da una chiesa sempre aperta. Lo so.
E so anche che essere "tempio di Dio" non pone le chiese, ogni chiesa, anche la più sperduta, al riparo da furti, razzie e vandalismi. Giorni grami quelli in cui si rubano le statuine dei presepi o i vasi di fiori davanti agli altari ... e non si capisce bene dove finiscano, questi fiori sottratti alla devozione..(...sottratti a volte anche ai defunti nei cimiteri...).
Eppure...quanto è bello. Quanto commuove. Quanto è salutare "bussare" e trovare aperto. La chiesa spalancata è una casa. Il Signore è  il Padre. E la casa del padre non è mai chiusa.
Qualche giorno fa avevo un appuntamento in centro città a metà mattina. Ero in anticipo ed ho deciso di provare a vedere se il Duomo era aperto.
Non solo l'ho trovato aperto. L'ho trovato glorioso. Di luce. Di chiarore. Splendido nell'elevazione delle colonne in fuga verso l'alto. L'occhio della cupola brillante. Piene di sole le navate. Dalle panche davanti ad un altare laterale veniva un sommesso rosario. Un brusio lieve che leggero si scioglieva negli spazi del tempio diffondendovisi come una nube. Le parole dell'Avemaria si fondevano nella luce, con la luce, diventavano aria e salivano.  Lo Spirito era lì. Tangibile.
Guardavo verso l'alto, verso quel ritrovato, magnifico splendore e piangevo. Di gioia credo. Di stupore, anche. E di gratitudine.
 Avevo bussato ed avevo trovato aperto.

venerdì 7 giugno 2013

Forse. Chissà.

Lei sembra un elfo. Cammina lieve seguendo le note di una melodia inudibile ai mortali. Dolcemente avanza su un cuscino di fiori che solo lei può vedere. La pelle bianca splende di luna anche sotto il sole spietato del mezzodì. La bocca rossa, grande, conserva un ricordo di fragole e fiabe. Gli occhi? Non so. Non puoi cercare gli occhi degli elfi. Ma i capelli... Ah! quei capelli! Un'aureola. No: uno scudo. Anzi, una corona. Vivi. Folti. Immensi attorno al viso minuscolo. Brillano. Attraggono e rimandano la luce tutto attorno. La figura, esile, magra ai limiti dell'immaginabile, scompare.
E' un elfo di bocca e capelli e luce di luna.
E poi c'è lui. Che l'adora dall'alto. Così grosso e potente si curva. La tiene. Le prende la  mano. La vuol riparare. Schermarne la luce. Per trattenerla vicina alla dea.
Chissà.
Finché ci sarà quella luce di capelli di luna, la morte non oserà spingere ancora. Ha già morso, affamata. Ma ora...
Forse sosterà ancora un poco in attesa. Forse vorrà ascoltare le fiabe di una bocca di fragola.
Forse.
Chissà.