lunedì 12 dicembre 2011

Trucchi e inganni .. a volontà

Voglio fare soltanto propositi che si possano mantenere entro un massimo di otto ore.
E poi li ripeterò e li ripeterò e li ripeterò e li ripeterò.
Di otto ore in otto ore.

venerdì 9 dicembre 2011

Appunti di dizione 2

Respirare bene per parlare bene (vedi "Appunti di dizione 1") .
Per respirare bene è indispensabile assumere una postura rilassata. In particolare il collo deve essere ben disteso, la mascella non contratta, le spalle morbide.
Per favorire tale postura è utile fare quotidianamente -e sempre, prima di "impegni vocali" - degli esercizi di scioglimento.
In piedi o seduti, schiena dritta , ma non tesa! Braccia morbide lungo i fianchi, occhi chiusi. Ruotare il capo una volta verso sinistra, una volta verso destra. Il naso è allineato con la spalla , il mento è dritto (non deve puntare verso l'alto, né verso il basso). Si parte dal centro e.. attenzione al respiro : l'aria esce dolcemente dalla bocca semiaperta mentre si ruota verso la spalla . Una battuta di pausa in apnea (conto uno). Ritorno verso il centro inspirando dal naso. Una battuta di pausa in apnea (di nuovo conto uno) poi espirando ruoto la testa verso l'altra spalla.
Si ripete cinque volte per lato. Lentamente. Gli occhi restano chiusi per elevare al massimo la consapevolezza del movimento e l'ascolto del respiro. La nuca è distesa. Le spalle restano ferme. L'unico movimento del corpo è quello del collo che ruota. Terminate le rotazioni, rimanete per qualche respiro con gli occhi chiusi. "Ascoltate" se ci sono formicolii alla base del collo, sensazioni di tensione o di calore. Tenete gli occhi chiusi verso l'esterno, ma ben aperti verso l'interno del vostro corpo.
L'esercizio successivo è simile al precedente : si parte dal centro con una espirazione dolce dalla bocca semiaperta, ma questa volta il mento viene spinto verso la clavicola. Attenzione però!Non è la spalla che si alza verso il mento, né il mento che cala da solo : tutto il capo ruota lateralmente e verso il basso. Cinque volte a sinistra, cinque volte a destra. sempre passando per il centro.
Pausa ancora dopo il secondo esercizio, quindi via con qualche rotazione completa del capo, prima in un senso, poi nell'altro.
Non trattenete il respiro mentre lavorate. Mantenete un ritmo di respirazione regolare: una rotazione completa sull'espirazione, poi una rotazione completa sull'inspirazione. Andate lentamente. Chi soffre di cervicale può avere difficoltà ad eseguire l'esercizio. Se si avverte nausea, smettere e proseguire con gli esercizi successivi.
Fate sempre una pausa tra un esercizio e l'altro. Mentre lavorate non pensate ad altro: siate focalizzati sui movimenti , sul respiro e sulle sensazioni che vi rimanda il vostro corpo.
Altro esercizio: portate il capo alternativamente verso l'una e l'altra spalla. Il viso resta rivolto in avanti. Le spalle restano ferme e rilassate. Espirare scendendo, inspirare salendo,secondo le modalità già descritte.
Ultimo esercizio: testa su, testa giù. Lentamente. Espiro scendendo col capo verso il petto. Pausa in apnea conto uno. Inspiro tornando al centro testa dritta, pausa in apnea conto uno. Espiro mandando il capo all'indietro con la massima estensione del collo. Pausa in apnea conto uno. Torno inspirando al centro. Via così cinque più cinque volte.
Questi sono tutti esercizi molto basici ma molto utili. Rafforzano la muscolatura del collo e lo distendono. Aiutano a concentrarsi sul respiro e ad ascoltare il corpo. Rilassano e migliorano la postura. Anche se non avete in programma di recitare Giulietta (o Romeo) eseguirli vi può solo fare bene. Parola.

martedì 29 novembre 2011

Alla luna

Stasera
la luna è un sorriso
appena accennato.
Tenue nella nebbia
appare
dispare
sbuffando lieve
una promessa.
Di pienezza.
Di luce chiara.
Di alte maree.
E' un alito lieve.
Un incerto richiamo.

Ti guardo,
luna di ogni vita.
E d'improvviso
il taglio flebile
nel cielo oscuro
diviene un ghigno.

Un rutto di fumo
la nube leggera
che trascorre l'alone.

Luttuosa luna,
che mi predice
l'oscena ferita
che solchi nel buio?

Perché arrogante
m'irridi?

A me
che più d'ogni altra
ti ho amata
non togliere
la speranza
di danzarti ancora.

domenica 13 novembre 2011

Appunti di dizione 1

Quando ci si accinge ad impegnarsi per migliorare la propria dizione, indipendentemente dal motivo per cui si decide di farlo, è importante verificare prima di tutto come si respira.
Respirare correttamente è indispensabile per pronunciare al meglio le parole.
Nella gola e nella bocca abbiamo il nostro "strumento musicale".
Le corde vocali, situate nella laringe, vibrano anche grazie all'aria in uscita dai polmoni durante la respirazione. La bocca e il naso sono la cassa di risonanza, in cui vengono prodotti e modulati i diversi suoni.
L'emissione vocale, e soprattutto l'intensità della voce, dipendono direttamente dalla espirazione.
Quando si corre, si ha "il fiato corto": non si riesce a parlare.
Forti emozioni "tagliano il respiro" : non si riesce a parlare.
Chi sta curvo, con la testa incassata tra le spalle, ben difficilmente avrà un buon timbro di voce.
C'è chi "risparmia il fiato" e respira alto: piccoli respiri che si fermano alla base del collo o poco più.
Quasi tutti respirano "di torace", bloccando l'inspirazione a livello costale.
Il buon respiro, invece, è quello che parte dalla pancia e fa sollevare il diaframma.
Per capire come deve essere una inspirazione completa, che riempia al massimo i polmoni, ci si può mettere sdraiati con una mano sull'addome all'altezza dell'ombelico. Inspirando dal naso, l'addome deve gonfiarsi come un palloncino. Una volta capita la "profondità" richiesta , ci si può allenare anche in piedi. (Personalmente preferisco la posizione supina).
All'inizio si possono forzare un poco le inspirazioni, per capire come deve muoversi la pancia. In seguito verrà naturale respirare normalmente, di pancia. Un effetto molto comune di queste inspirazioni profonde sono gli sbadigli. Un segno che siamo sulla buona strada.
Tale respirazione profonda è molto utile anche per rilassarsi.
Si inspira dal naso, lentamente, sollevando la pancia, allargando le costole, senza alzare o contrarre le spalle. Piccola pausa in apnea (non si respira contando "uno, due") , quindi espirazione lenta dalla bocca semiaperta, contraendo i muscoli prima del torace e poi dell'addome. Deve essere come un'onda: inspirando sale, espirando scende. Fatelo ad occhi chiusi, con la consapevolezza dell'aria che state inspirando, del percorso che essa fa dentro di voi, prima entrando e poi uscendo. Sentitene la temperatura : fresca in entrata, più calda in uscita. Ripetete una decina di volte. Non di più. Esagerare può affaticare o provocare capogiri.

mercoledì 26 ottobre 2011

Dizione: pronti? Via!

Una dizione il più possibile corretta dovrebbe essere insegnata fin dai banchi di scuola. Invece bisogna arrivare all'università e agli esami di linguistica per cominciare ad occuparsi di fonologia e di accenti.
Tra un po' l'inglese verrà insegnato ai bimbi  quando ancora stanno nella pancia della mamma. Per l'italiano, invece, pare che ci sia sempre tempo : tanto è la lingua materna...Il problema è che spesso le madri non sono buone insegnanti di lingua. E quando si arriva a scuola...dipende da quel che si trova.
Dunque : va benissimo imparare al più presto la lingua straniera, visto che, oggi, senza inglese non capisci neanche  con che cosa ti stai vestendo. Basta che non succeda come per i viaggi: " lo famo strano e lontano" (e chissenefrega se poi si perde la gara di geografia deldietrol'angolo col giapponese in scambio culturale) .
Eppure la parola, la voce, quel che si dice e come lo si dice, sono un biglietto da visita. Il primo. Forse più importante dell'aspetto, abbigliamento compreso.
Personalmente adoro i dialetti.
Appena mi è possibile lo parlo, il mio. E' una complessa questione legata all'identità e ad altro ancora.
Ma mi è insopportabile ascoltare telegiornali nazionali in romanesco. Servizi giornalistici resi incomprensibili da pronunce "scomposte". Come non bastasse, di questi tempi , doversi fare lo stomaco ai piattini indigesti che continuamente ci vengono serviti ..
In fondo,non ci vuole poi molto a migliorarsi.
Per chi comincia, gli strumenti indispensabili sono: un dizionario serio, un registratore, una grammatica.E poi: pazienza e costanza. Che oltre ad essere obsolete come nomi di donna,vanno un po' riscoperte anche come virtù.

Da oggi, qui, "appunti di dizione"

Seguendo l'andamento quotidiano di "animatalmente", vedo che tra i post più cliccati ci sono gli esercizi di dizione. Per questo motivo, ho deciso di non limitarmi a pubblicare scioglilingua e frasi o brani mirati ad esercitare la pronuncia. Di tanto in tanto darò qualche "appunto di dizione", basandomi sulla mia personale esperienza (prima di allieva e poi di insegnante).
Premetto che io non seguo "scuole". Non ho pretese d'alcun genere. Mi faranno piacere interventi e richieste. Sarò in ogni caso felice se qualche mia dritta potrà andare a buon fine, dando un contributo a chi legge.
Dunque, partiamo.

giovedì 20 ottobre 2011

Esercizi di dizione (11)

In questo grigio,
bigio pertugio,
un poco mogio
e senza agio,
quasi randagio,
ma ognora ligio,
ragiono e rimugino
sul servigio
da segugio
che mi ingiungi.
Ma son digiuno
da giovedì!
Devo mangiare,
per Confucio!
Aggiornare la bilancia
aggiustandomi la pancia.
Far più giovane la faccia,
meno gialle guance e braccia.
Solo allora, con gran gioia,
uscirò dal mio rifugio.
Un giaggiolo sulla giacca
dolcemente adagerò.
 Poi, fingendo di giocare,
porrò il laccio
al tuo giaguaro
e incitandolo a guaire
fino al  Giappone
mi farò inseguire.


Esercizi di dizione (10) o Filastrocca dei pulcini

Starnàzzano le oche
gloglòttano i tacchini
il gufo dicon bùbuli
il chiùrlo pare chiùrli
le rondini garrìscono
mentre i colombi tùbano
e trillano i canarini.
Ma quando son piccini
sono tutti dei pulcini:
sanno solo pigolare,
il più facile da dire.

Esercizi di dizione (9)

Strane strade
strette e sterrate
in sterminate
deserte distese
distruggon l'astràgalo
ti straziano i piedi.
Strapazzano.
Straccano.
Strappano strèpiti
e imprecazioni.
Meglio lasciarle,
neanche iniziarle.
Stranito e stravolto
stavolta sterzo:
mi storno in stazione.

mercoledì 19 ottobre 2011

Gabbiani di risaia

Li hai visti, tu,
i gabbiani di risaia?
Traditi da una pozza
che si finse mare
attoniti
inerti
ristanno
sul ciglio del coltivo.
Le zampe perse nel fango
attendono che torni il vento.
Che la tempesta ancora scuota
la lastra ottusa
maschera immota dell'inganno.
Allora alti
sull'onda infedele
danzeranno il sogno
di sconfinati azzurri.

Filastrocca delle stelle

Ma dove vanno le stelle la mattina?
C'è qualcuno che le chiude giù in cantina?
Sarà forse che chinano la fronte
quando il sole si alza all'orizzonte?
Splende troppo la luce del sovrano:
vergognose si celan con la mano.
Dovrà tessersi del buio la coperta
perché tornino di nuovo su per l'erta :
le vedrai nello spazio d'un sussurro
scalare il blu che s'ingoia l'azzurro.
Tu stai tranquillo. Dormi sicuro.
Disegna i tuoi sogni contro il muro.
Stelle e stelline, d'oro e d'argento
grandi e bambine nel firmamento
ricameranno di luce e di amore
ogni palpito del tuo piccolo cuore.


venerdì 7 ottobre 2011

La forza di un'anima sta nella sua capacità di rigenerazione. In questo mondo non ci è dato essere perfetti e nemmeno "conoscere" la perfezione, poiché la  conoscenza, già sola, implicherebbe partecipazione.
Con le nostre capacità ci è dato sbagliare e apprendere dall'errore.
Sbagliamo.
Soffriamo  - poiché comportamenti errati generano solo dolore.
Per non soffrire più, modifichiamo il comportamento che ha generato dolore.
In questo modo, un passo dopo l'altro, miglioriamo.

domenica 21 agosto 2011

Siamo tutti tessitori di luce.

Di madre / D'amore

Strappami la carne
brano a brano.
Che sia la creta per i tuoi mondi.
Squarciami il petto.
Affonda la mano.
Al tuo tocco il cuore leverà il volo
ali vibranti il tempo dei tuoi pensieri.
Di sangue sudore lacrime
ogni goccia.
Di memoria speranza paura
ogni tenue barbaglio.
Tutto.
Tutto prendi di me.
Tutto è già tuo dal giorno del seme.
Ancora il mio grembo ti darà riparo.
Ancora e sempre ti amerò.

Ma non avrai risposte, figlio.

Sei stirpe di uomo. Dilaniata.
Costretta alle radici
e sospinta verso il cielo.
Chiamata a tessere luce
in un oceano d'ombra.

lunedì 23 maggio 2011

Per Lorenzo

Nelle tue mani, madre
ho versato domande
come spine.
Ai tuoi passi ho consegnato
le ombre e le pietre
che temevo per il mio cammino.
 Dai tuoi occhi, madre
ho voluto guardare il dolore del mondo.
Così, a te ho affidato il mio pianto.
Ed ora, madre.
Mostrami il canto e il sorriso.
Insegnami il sentiero più lieve.
Vivi!
Ch'io possa ogni giorno
rinascere
dalle tue ore.

giovedì 31 marzo 2011

Una vetrata narra l'Apocalisse

Quella che si spalanca davanti agli occhi, entrando nella chiesa del Santissimo Crocifisso, a Pavia, è una narrazione. Imponente, alta dietro l’altare, disposta a catturare e trattenere ogni bagliore del sole nascente, si eleva la vetrata creata da Nives Marcassoli sul tema dell’Apocalisse. In trenta “specchiature” (le finestre di cui si compone l’opera) l’artista ha fissato la propria meditazione su uno dei testi sacri più letti, commentati e interpretati della storia, l’Apocalisse di Giovanni. Immenso testo profetico, di  fronte al quale, per usare le parole di un commento di mons. Gianfranco Ravasi , ”si prova un’attrazione e una vertigine”,  lo sgomento atterrito di chi, leggendo,  viene immerso nella realtà della storia umana , fatta di miserie, guerre, sangue, carestie, malvagità e perdizione, ma poi viene altrettanto vividamente proiettato nella visione onirica della luce salvifica dell’avvento di Cristo, che, dopo il Giudizio finale, ristabilirà la pace. L’Apocalisse è una Rivelazione, la rappresentazione dell’estremo duello tra il Bene e il Male, tra forze angeliche e forze demoniache, fino alla sconfitta di Babilonia,“la grande meretrice”, e alla vittoria finale della Città santa, la nuova Gerusalemme “discesa dal Cielo da presso Dio, preparata come una sposa adorna per il suo sposo”.
Entrambi questi elementi, la tenebra del caos e la luce trascendente del divino, sono narrati con grande potenza  d’immagini nell’opera di Nives Marcassoli, che presenta tale dualità mediante un sapiente uso del colore e una studiata rappresentazione del movimento impresso al segno. In un arco naturalmente evocativo di un orizzonte planetario, l’artista opera una immediata scissione  tra la luce e la tenebra: la nervatura centrale della vetrata è la cesura drammatica tra un hic et nunc  vorticoso e senza luce e la rivelazione di un futuro  che risplende della pace dell’Agnello.
A sinistra il caos. A destra la pace.
E così guardiamo e le immagini, vigorosamente, raccontano.
Eccoli, i quattro cavalli dell’Apocalisse che avanzano scalpitanti, ognuno latore di un flagello: Il cavallo bianco, colore apparentemente “benefico”, in realtà , con il simbolo dell’arco con la freccia già incoccata, ci porta nel cuore della battaglia. Corre, con la criniera al vento, incontro al sangue evocato dal cavallo rosso  -il secondo sigillo spezzato -  simbolo della guerra. E la furia distruttiva del cavallo rosso è nel fuoco che sprizza in scintille sotto i suoi zoccoli; nella criniera che pare farsi essa stessa fiamma; nella spada confusa tra le lingue di fuoco; nel guizzo ribelle dei muscoli poderosi del collo e delle zampe, evidenziato dall’abile ritmo cromatico. Continua l’apertura dei sigilli ed ecco il cavallo nero della fame, che reca una bilancia che pesa sempre meno grano , che china la testa sopra una terra arida di pietre, incapace di nutrire i suoi figli; e poi l’ultimo, il cavallo verde con la falce della morte, che miete il raccolto seminato dai tre compagni di distruzione , che lo hanno preceduto. La potenza dei cavalli, evocata dai chiaroscuri dei corpi selvaggi, dalle criniere fluttuanti, imprime alla scena una fortissima drammaticità, il senso di un totale annientamento, reso ancora più evidente dal drago, il serpente, Satana, la Bestia, che precipita nel fuoco insieme alla macina, uno dei tanti simboli presenti nel testo apocalittico, per rappresentare il giudizio divino sulla storia umana ("Poi un angelo possente sollevò una pietra grande come una mola e la gettò nel mare dicendo: 'Con tale impeto sarà sommersa Babilonia, la grande città, e più non apparirà' ” ).
Fin qui i due elementi di distruzione (i cavalli e la Bestia) sono essenzialmente legati alla terra, ma ecco che subito sopra, nella vetrata, la sciagura diventa planetaria: allo squillo delle sette trombe angeliche, cadono le stelle; la luna prende “il colore del sangue”; il sole si oscura (tanto “da apparire nero come un sacco di crine”); piove fuoco dal cielo; Lucifero, principe degli angeli ribelli (Lucifero, ”Portatore di luce”, ”Stella del mattino”, forse l’ ”Assenzio”, di Giovanni) precipita scomposto. La drammaticità di quanto sta accadendo è resa ancora una volta dai colori cupi e tenebrosi e dalle immagini che disegnano vortici e si fanno vortice esse stesse: l’angelo precipita inarcando la schiena in un movimento che , proprio perché tragicamente innaturale, suggerisce il terribile castigo; i raggi del sole si riavvolgono su se stessi e uguale moto circolare interessa le stelle,  che vorticose si accartocciano in questo cataclisma spaventoso.
Il Giudizio divino si è abbattuto sugli uomini. Ma ecco che, mentre tutto implode, precipita, si chiude in un buio che pare senza speranza, irrompe la luce, che davvero si spalanca a penetrare e sconfiggere le tenebre. Ecco che, mentre a sinistra (si potrebbe dire, nel passato) l’artista ha raffigurato un mondo che ruota chiudendosi nell’annientamento, sulla parte destra della vetrata ci presenta il futuro che si apre, si espande nella luce. La figura centrale è quella di Cristo, un Cristo glorioso,anima della Chiesa, Chiesa vivente, rappresentato così come ce lo descrive il profeta: “Indossava una tunica lunga ed era cinto all’altezza del petto con una fascia dorata. I capelli della sua testa erano bianchi, simili a lana candida, come neve.(…). I suoi piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, quando è stato purificato nel crogiuolo”. Una serie di simboli , ad indicare purezza sacerdotale, regalità, saggezza,fortezza.  In mano: sette stelle, gli angeli che vegliano sulle “sette Chiese” ( di Efeso,Smirne, Pergamo,Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea) a cui si rivolge il Profeta. Ai piedi del Cristo, la “schiera sterminata degli eletti”,  quella “gran folla” vestita di bianco che agita rami di palma in segno di giubilo per la salvezza. Tra di loro , Nives Marcassoli pone anche gli angeli, a cui è affidato il compito di dar fiato alle trombe per innescare di volta in volta un nuovo flagello, che possa servire da castigo e ammonimento agli uomini che si sono allontanati da Dio. E qui, con la felice intuizione di raffigurare uno degli angeli trombettieri rivolto verso il caos, l’artista opera un collegamento visivo e teologico,che mostra in tutta la sua evidenza l’unitarietà della narrazione e la consequenzialità di quanto sta accadendo.
 “Poi vidi un cielo nuovo e una terra nuova” . Così scrive Giovanni , giunto ormai quasi all’epilogo della sua profezia. Ed il racconto delineato lungo il tracciato dell’arco della vetrata , viene puntualmente siglato dalle immagini delle ultime visioni : il  “fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello “  e uno degli “alberi della vita,  che portano frutto dodici volte, una ogni mese”. E’ questo l’unico punto “calmo” dell’intera rappresentazione: una scena di grande pace, quasi bucolica. Il fiume è vivo e benefico; le sue acque sono piene di pesci guizzanti, abbeverano le radici dell’albero, su cui splendono , colorati  diversamente secondo le stagioni, dodici frutti. Sopra l’albero, una colomba bianca pare scagliata via dalla potenza della luce sprigionata dal Cristo. Ma la colomba reca nel becco un ramoscello d’ulivo: sull’erba riposano, vicini, un lupo dall’espressione gentile ed un agnello che lo guarda fiducioso; lì presso, una cerva bruca sicura , perché ormai il tempo è compiuto “e ogni maledizione non vi sarà più” . L’umanità salvata è arrivata finalmente alla pace “senza notte” dell’approdo in Cristo. Il testo apocalittico si rivela dunque, anziché  una cupa profezia di sventura, un grande messaggio di speranza per il destino finale dell’uomo, inteso sia come “umanità”, sia come “persona”.


Tale rilettura dell’Apocalisse è frutto di un lavoro durato quasi tre anni, metà dei quali impiegati  dall’artista, come racconta lei stessa, a studiare ed approfondire il  testo sacro per concepirne  una sintesi iconografica. Il compito era impegnativo, considerata la quantità enorme di simboli, numeri, richiami e suggestioni contenuti nel libro di Giovanni; una sfida che andava ben oltre la prova d’artista. Nives Marcassoli  l’ha superata creando un’opera di grande impatto visivo ed emotivo, che si muove su uno dei numeri dell’Apocalisse, il sette. Sette sono infatti  i temi su cui, come si vede, è imperniata la scenografia: i cavalli del caos, il drago che brucia nel fuoco, l’universo che si stravolge,l’angelo che precipita, la schiera dei beati, il ritorno glorioso di Cristo, l’albero della vita. Ciascuna scena è indipendente, poiché  leggibile come “conclusa” in se stessa, eppure è intimamente connessa alle altre, necessaria al dinamismo intrinseco della narrazione. E’ questo uno dei grandi pregi dell’opera, che diventa così strumento e sussidio offerto alla meditazione. Un altro importante elemento distintivo, immediatamente percepibile, è squisitamente tecnico: l’uso del colore che appare ricchissimo, quasi lussureggiante. Anche su questo fronte la sfida era impegnativa. Nelle vetrate solitamente i colori sono netti, piatti, privi di sfumature. Qui , in uno spazio di circa cinquanta metri quadrati, ci troviamo invece di fronte ad un autentico “affresco in vetro”. La tecnica è quella della vetro fusione legata a piombo, ma le lastre colorate sono state usate e mescolate come i colori ad olio sulla tavolozza di un pittore. In ciascuna delle trenta specchiature l’artista ha legato da venticinque a cinquanta elementi in vetro colorato, usando oltre cinquanta “colori base” per produrre una affascinante sinfonia di sfumature, che scandisce i movimenti dei personaggi e dona all’insieme un dinamismo plastico indimenticabile.


La vetrata è stata posata nel novembre 2007, in occasione del trentesimo anniversario della parrocchia del SS. Crocifisso . Con quest’opera l’artista bergamasca,pavese d’adozione, completa il ciclo di vetrate create per la stessa chiesa nel 2001 (la facciata) e nel 2003 (la rappresentazione delle Beatitudini, poste lateralmente all’altare). Un totale di quasi cento metri quadrati di immagini.



martedì 22 marzo 2011

Filastrocca per la Primavera

Primavera vo fiutando
nella landa addormentata.
Luna piena già s'è alzata
e le fate stan tornando:
tutte insieme danzeranno
sopra i raggi delle stelle
e domani le più belle
come fiori nasceranno.
Avran petali dorati
trafugati su nel cielo,
cuori teneri e argentati
inchinati sullo stelo.
Saran figli d'una notte,
d'una notte senza sera
che annunciava Primavera.

domenica 20 marzo 2011

Promemoria per un bimbo (8)

Se devi esprimere un giudizio su una persona
non fermarti alle apparenze,
ma ricorda che chi deve dare un giudizio su di te
potrebbe fermarsi alle apparenze.

sabato 19 marzo 2011

Promemoria per un bimbo (7)

I doveri sono le azioni che si compiono per contribuire a costruire qualcosa.
Te ne parleranno sempre più spesso, mano a mano che crescerai.
Qualcuno ti dirà che sono obblighi .
Altri ti diranno che sono obblighi detestabili.
Tu, non lasciarti tentare a non compierli:
senza doveri non potresti riconoscerti in niente.
I doveri più importanti sono quelli verso te stesso,
per riconoscerti uomo tra gli uomini
e figlio del mondo su cui vivi.
Adempiere con coscienza ai propri doveri
fa crescere la fierezza, la dignità e la stima di sé,
che ogni uomo deve costruire, mantenere e custodire.

Intrecciati ai doveri ci sono i diritti.
I diritti sono i benefìci di cui è indispensabile godere.
Il diritto più grande è la libertà.
Ogni diritto genera dei doveri,
così come ogni dovere genera dei diritti.
Ogni persona deve poter vivere in mezzo agli altri
avendo la stessa misura di diritti e doveri.
Se questo non accade
e qualcuno  vive con molti diritti e pochi o nessun dovere
accanto ad un altro, che viceversa ha molti doveri
e pochi o nessun diritto,
si verifica un'ingiustizia.
Una tale ingiustizia può verificarsi
per un intero popolo,
ma anche tra due sole persone.
Ogni volta che si nega o non si riconosce
un diritto
si provocano sofferenze, anche gravi
e il mondo viene peggiorato.

E' dovere di ciascuno
operare
affinché questo non succeda mai.

lunedì 14 marzo 2011

Promemoria per un bimbo (6)

Il tuo viso è uno specchio
che riflette il mondo.
Sorridi
e anche il mondo ti sorriderà.

sabato 12 marzo 2011

Promemoria per un bimbo (5)

Le parole servono per vivere in mezzo agli altri.
Servono per imparare, chiedere, raccontare.
Ci sono le parole che si ascoltano
e quelle che si dicono.
Dietro ogni parola c'è un significato.
Per questo non devi usare parole che non conosci:
potresti offendere o essere frainteso.
Il potere delle parole è grandissimo.
Con le parole puoi consolare od offendere,
guarire o uccidere.
Devi imparare presto il valore delle parole.
Per non dissiparle.
Per esprimerti.
Per comunicare.
Ci sono parole che non dimenticherai.
Le parole che non si dimenticano
sono quelle che  fanno stare molto male
o molto bene.
Le parole più belle
sono  quelle che dicono amore.
Darne e riceverne
rende la vita migliore.

Promemoria per un bimbo (4)

L'amicizia è tra le cose belle della vita.
L'amicizia è come una pianta.
Nasce da un piccolissimo seme.
Se la curi cresce rapidamente
e mette radici molto salde.
All'inizio ha bisogno delle cure più assidue,
di essere nutrita, riparata e protetta:
basta poco per arrestare la crescita,
per far seccare il seme,
o farlo marcire per troppa acqua.
Dunque ogni giorno dedica il giusto pensiero
al tuo giardino.
A volte basta un'occhiata,
un pensiero, una carezza .
Col tempo, se l'avrai accudita,
la pianta dell'amicizia ti ripagherà:
avrà rami frondosi sotto cui potrai riposare,
fiori che ti incanteranno con colori e profumo,
frutti saporiti, per cui non avrai mai fame.
Stai però attento a come scegli il seme:
alcuni, pericolosi, danno solo frutti avvelenati.

Promemoria per un bimbo (3)

Si vive meglio in pace che in guerra.
Le guerre le fanno i grandi, ma si impara a non farle da piccoli.
Impara ad ascoltare e comprendere le ragioni degli altri.
Impara a non imporre con la forza le tue ragioni.

mercoledì 9 marzo 2011

Promemoria per un bimbo (2)

Se c'è qualcosa attorno a te che non ti piace, impegnati per cambiarlo.
Prima però guarda bene dentro di te. Forse il cambiamento dovresti farlo lì.

martedì 8 marzo 2011

Sono qui, ora. E ricordo

Sono nata molte volte.
La Terra era giovane
il giorno del mio primo sguardo.
Ho attraversato il tempo
come l'acqua del mare.
Ho conosciuto le parole del potere
e il silenzio della schiavitù.
Ho pianto i miei figli
da schiava e da regina.
Sono andata e tornata.
Mi era stato detto,
ma ho sempre dimenticato.
Sono qui, ora.
E ricordo.

E' la mia ultima occasione.
Sarà il viaggio estremo.
Non avrò altri sguardi.
 La strada - ho capito
è solo una.
Verso la luce.

Promemoria per un bimbo

La Terra è il mondo in cui abiti. La tua casa.
Rispettala.
Non sporcarla.
Non mutilarla.
Nutrila se vuoi che ti nutra.
Non derubarla.
Condividila.
Non sei il suo padrone.
Per lei sei un figlio.
Tu sii il suo custode.

sabato 5 marzo 2011

Crepuscolo

E' l'ora incerta
in cui la luce si addentra
nella notte
e il sudario d'ombra
che già s'appresta a distendersi
sopra ogni cosa
per brevi attimi risplende.
Così quest'ora non più azzurra
non ancora buia
riluce
d'un arcano nitore.
In tale netto orizzonte
innalzandosi e sprofondando
il campanile del Carmine
scava vertiginose geometrie
cesella impercettibili trasparenze.
E mi trafigge il cuore.
E mentre lo guardo inoltrarsi limpido
nella sera
il respiro si sospende all'aria immota
ai profili di pietra
all'alto colore puro.
Elevata
nel silenzio immobile della croce
risucchiata dall'eternità
scompare la voce del mondo.
Il piede affonda nell'orme dei passi di ieri
e l'eco di moltitudini oranti s'addensa breve
nel colore del crepuscolo.
Poi sfuma e dilegua
nella notte che avanza.

domenica 13 febbraio 2011

Se non ora...quando?

Aspetto il giorno in cui ci sarà una grande, corale manifestazione di uomini che sceglieranno di scendere in piazza per riaffermare la propria dignità maschile. Che leveranno alta la loro voce  di uomini comuni. Lontani da festini, prostitute, clientele. Uomini che ogni giorno si misurano con la vita insieme alle proprie compagne, per realizzare un progetto condiviso. Uomini che praticano il rispetto delle persone - indipendentemente dal genere- perché conoscono, riconoscono e vivono la fatica dell'impegno quotidiano.

domenica 6 febbraio 2011

La tua voce

La tua voce.
E' il respiro dell'alba
quando l'alba partorisce la luce.
La tua voce ineguale
risuona d'autunno,
del mantra sottile e perenne
che accende le foglie
e dolcemente le uccide
- la tua voce d'ombra.
E' una nube
è il caldo viluppo
d'un ventre inesausto
di madre e d'amante.
E' un pugnale anche,
questa tua voce lontana.
Che scolpisce ricordi che incide
che scava
nuove polle alla vita che preme
segreta.
La tua voce che mi svela nei pensieri
pensati soltanto
laggiù
dove orgoglio e sapienza
- o forse pudore-
altre voci hanno fermate e sconfitte.
Nel buio lucente
dove affonda e si nutre
la radice del pomo fatale.
Dove nasce
e rinasce
e rinasce in eterno candore
la spoglia immortale di Eva.

La tua voce.

E tu neanche lo sai.
E mentre il cielo
ancora
affoga nella notte
già l'alba
lambisce le stelle.
E' un respiro di fuoco
che ingoia le tenebre.
Il tempo sospeso dell'anima
dove solo c'è spazio
per il sorriso.

Vacuità

Ancora una volta
pastora di nuvole
smarrisco
il sentiero dell'oggi.
Imbrigliando rugiada
tendo trappole al sole.
Incauta e testarda
cerco perle tra i sassi.

E consumo la mia ora di luce
inseguendo un feroce tramonto.

Il sentiero

Così sottile e luminosa e netta
la luna mi stride nei denti.
Eterna testimone del tumulto d'amore
lei uguale lei immutata
lei sa di quel tempo merlato
- ricordi ? -
quando solo ornata di veli e d'attesa
giostravo i sospiri scrutando
nel verde e poi il buio
la notte e le fiamme
odorando.
Tu
- ricordi? -
guerriero lontano venivi a me
dietro la fronte giovane antica
oltre le tenebre o i tersi orizzonti
stendendo
un filo di luce di luna
il tuo arco a superare il sangue
e il distinto clangore.
E l'assenza diveniva certezza.
Il richiamo incessante rombava
incandescente
grumo d'esatto pensiero.

Quanto remote le parole. Inutili.

mercoledì 2 febbraio 2011

Il bello della vita è che in ogni momento si può decidere di cambiare.

giovedì 27 gennaio 2011

L'eroismo della vita normale

Mi hanno chiesto di partecipare alla settimana per la riaffermazione dei diritti e della dignità delle donne. Una delle proposte della campagna era quella di adottare, sul proprio profilo facebook, l'immagine di una donna famosa.
Io non ho aderito.
Avrei potuto accogliere l'invito, inserendo come avatar la foto di mia madre, una donna forte, che ha lottato tutta la vita lavorando con impegno, duramente, senza mai cedere a compromessi. Una donna che ha tirato su due figli da sola, aiutata soltanto dalla volontà. La sua fiducia  nel Padreterno era sconfinata, ma uno dei proverbi che ci ripeteva più spesso era: "Aiutati che il Ciel t'aiuta". Non ha mai cercato scorciatoie. Aveva chiari obiettivi  -crescere decorosamente i suoi figli tirando la fine del mese-  e li perseguiva restando salda sulla strada maestra.
Avrei potuto mettere l'immagine di Claudia, che ci ha lasciati anzitempo, dopo avere sostenuto un estenuante corpo a corpo con i germogli maligni che la divoravano. Fin dall'inizio questa donna straordinaria ha dato un nome al suo male; lo ha affrontato a viso aperto giorno dopo giorno. Mai ha mistificato le  parole . Mai ha nascosto il proprio corpo, neanche quando il male lo aveva trasformato in una veste deformata. Irriconoscibile.
Avrei potuto mettere la fotografia di  Lilian, che per due anni ha combattuto strenuamente con e per il figlio adolescente, colpito da leucemia fulminante.Oggi sono giunti al traguardo dello "stop-terapia". Ma io so quanto è costato arrivarci. Ansie, sofferenze, sacrifici. Sempre nascosti dal sorriso,sempre tenuti dentro, che non venisse mai meno il coraggio a lui, il figlio malato. Ce l'hanno fatta insieme. Madre e figlio. Forza e amore.
Mia madre. Claudia. Lilian.
Non sono donne famose.
Sono donne qualunque.
Donne combattenti. Forti. Determinate .
Donne come se ne possono incontrare ogni giorno, vivendo una vita normale.
 E' questo che voglio sottolineare non aderendo alla campagna che mi hanno proposto.
L'eroismo della normale vita quotidiana. Fatta di lavoro. Bollette da pagare. Figli che si ammalano. Fatta anche di svaghi, talvolta, quando c'è tempo.
Ma fatta soprattutto della coscienza dei propri doveri e delle proprie responsabilità.
E allora. Lascerò la mia foto.
Non ho bisogno di mettermi all'ombra di una "donna famosa" per affermare diritti e dignità.
Non voglio.
Voglio essere io, con il mio nome e con la mia faccia , ad andare avanti nella vita.
Voglio guardare i problemi a viso aperto.
Voglio dare un nome anche alle cose che fanno male.
L'ho sempre fatto e continuerò a farlo. Ruggendo e pregando. Tra sorrisi e lacrime. Senza sconti. Sorretta dall'amore.

sabato 22 gennaio 2011

Dissonanze

Ho visto una donna opulenta.
Camminava sontuosa
pelliccialucente.
Odorava di agi e ricchezza.
Ignara dei sassi e del cielo
spandeva
quel greve, ipnotico effluvio
di chi nulla concede di sé
se non l'illusione.
Troppo sovrana per essere altera.
Come un cristallo indifferente
e intatta.
E poi c'era un uomo.
Era scuro di razza e di polvere.
Nei vasti calzoni
usi ai sassi e alla vita
ti ferma all'incrocio.
E' un uomo che perde le scarpe
stremate da cammini infiniti,
che stringe le spalle frustate dal gelo,
che ancora sorride
mentre tende la mano.
Tra i denti disfatti ha un idioma remoto
e forse ha smarrito illusioni o speranze
e certo è soltanto dei sassi
e del cielo.

Colchico

E ancora ricordo la notte
che ai faggi improvvisa
la luna sferzando
l'antica radura
umida colse una perla :
intriso di vita splendente
il colchico chiuso
dormiva il suo sogno d'estate.
A te solo
che come me cammini
lungo i confini impervi
del sogno
ecco
offro le chiavi.
Aprono varchi segreti.
Ma quante sono le porte
lo ignoro.

Leggeri fardelli

Quando valicherò la collina
del non ritorno
nel tempo immobile del passaggio
che porterò con me?
Nei luoghi dell'anima
dove l'identità si scioglie
in atomi di luce e di ombra
nulla
di me
potrò recare.
Tutto di te.
Il riverbero della vita
per la vita nella morte.

mercoledì 12 gennaio 2011

Dedicata

Non temere verrà
il tempo del canto.
Un manto avrai
di piume.
Fiordalisi sul cuscino.

Ogni giorno sarà
come scalare il cielo.

E sorridere
del domani che viene.

domenica 9 gennaio 2011

Il prezzo del mattino

Il giorno si è velato all'improvviso.

Leggevo. Il viso chino sulla pagina.
Di tanto in tanto guardavo fuori.
Occhieggiavo di sotto le tende.

Le lascio alzate sul vetro
per dare fiato alla luce.
Del sole. Della luna.
Che mi possa trovare
in ogni momento di ogni stagione.

Poco fa leggera, invernale,
mi dettava l'intrico dei rami,
l'orizzonte spogliato dal gelo.
Il profilo dei campi a riposo.

Leggevo. Ed era giorno.

Ancora
ho levato lo sguardo.
E il mondo era buio.
Spariti del tutto i colori.
Smarrito il confine
tra il cielo e la terra.
Disciolto in un grigio indistinto
il paesaggio delle mie soste.

E' il prezzo dell'inverno, lo so.
E' il tempo dell'Ade, per Proserpina.
E allora cos'è questo nodo di tristezza?
Cos'è questa  macchia buia
che oleosa mi dilaga nel cuore?

Uno spavento antico.
E' il  tremore che cerca  conforto
nel respiro di un fianco amato.
E' la paura della notte.

E' il prezzo da pagare
ad ogni nuovo mattino.