mercoledì 6 ottobre 2010

Al figlio

La curva morbida della guancia,
la languida geometria del tuo viso
di piccolo dio addormentato,
mi avvincono in eterno stupore.

Ti guardo, e ti guardo (e ti guardo)
e poi temo che tanto guardare
turberà quel lieve sospiro,
il tenero abbraccio del sogno,
che ti cinge le palpebre chiuse.

Sei come l'agnello
che stanco dei prati
si posa fidente
sul fianco materno.
E non sai quanto costa
la tua ignara fiducia
a me che conosco le tele
e i veleni.

Ma tu resta avvolto,
aggrappato al tuo sonno
di rosea conchiglia neonata.
Per te non è l'ora.
Ancora non puoi.
Non devi sapere
l'angoscia
del dolore che preme
e vorrebbe scolpire
il tuo giovane guscio.

Ti guardo.
E tesso per te
impenetrabili scudi.
Nessuna corrente o tempesta
o veleno
ti potrà catturare.
Tu, dormi fidente.
E il mio sguardo ti sia certa corazza.
Impalpabile aura d'amore

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